La partita truccata del gioco d’azzardo
E’
sempre più ricorrente l’impatto con le parole più omologate quando entriamo nel
merito del grande raggiro del gioco d’azzardo.
Più
cittadini ripetono che per risolvere il disagio, la disperazione provocata dal gioco
e dalle sue puntate, la sola opzione per annullare il gap tra distruzione e
ricostruzione umana, sta nel vietare il gioco di azzardo in ogni sua
esplicitazione.
Senz’altro
vietare il gioco patologico, che ingenera devastazione e miserie umane, induce
a riformulare stili di vita diversi e più consoni. Ma il problema vero per cui non c’è un
corretto intendimento sociale, sta nella differenza che intercorre tra vietare
un diritto acquisito, e vietare qualcosa che danneggia la salute di ogni
individuo.
Tutta
la partita si gioca in questa in-coerenza.
Non
è contro il cittadino imprenditore che bisogna scatenare il finimondo, egli non
commette alcun reato, né infrange una norma, tanto meno una legge statuale.
Lo
scontro in essere investe la salvaguardia di un diritto alla salute, che assume
forma e contenuto di libertà perseguita e mantenuta, e la eventuale restrizione
di un altro diritto acquisito ( la possibilità di accedere al gioco
d’azzardo), anch’esso destinatario di
pari dignità di scelta, responsabilità e azione morale.
Mentre
sui principi generali la discussione è immotivata, dal basso si sovrappongono i
rilanci perentori della politica che fa guadagni impensabili sulle debolezze
umane, accompagnando questo degrado con le reclame più rumorose e annichilenti,
inducendo a credere in un guadagno facile, mentre si tratta di un vero e
proprio raggiro.
La
partita è truccata non perché il gioco sta nelle mani del baro, ma perché il
baro si traveste con la normalità di un sogno che vorrebbe ipotecare i domani:
accade che per il trapezista improvvisato non c’è alcuna tutela, c’è
dimenticanza colpevole della fune
salvavita.
Il
gioco d’azzardo è un capitolo importante delle entrate dello stato, attraverso
illeggibili articoli, nascosti qua e là, nelle grandi battaglie democratiche
che però sconfessano il diritto alla vita, di chi gioca, di chi in famiglia
soffre ogni giorno di più.
Un
mare di soldi che circolano indisturbati, pervadono il mercato delle emozioni,
polverizzano amori e affetti, denari che è fin troppo facile addebitare alle
solite mafie, in passato c’è stato monopolio delle grandi organizzazioni
criminali, attualmente a questo massacro di vite umane c’è l’interpretazione a
fare la differenza, che scava la fossa a uomini e donne di ogni età, una sorta
di dazio indifferente al grande salvadanaio, quaderno dalle voci impossibili di
ogni governo, di ieri, di oggi, di domani.
Ho
l’impressione che combattere il drago con gli slogans non sia interesse
collettivo, forse è il caso di parlare con una nuova punteggiatura dagli
accenti collocati al posto giusto della partita della vita, dei diritti e delle
libertà da curare, custodire e mantenere, proprio perché sconfiggere la
dipendenza-malattia è più che mai una
priorità.
Il
gioco d’azzardo patologico è una malattia prevenibile, curabile e guaribile, ma
che deve trovare sostegno in una
politica che non si spoglia mai della sua dignità, senza dimenticare le nuove
generazioni che osservano e imparano da noi.
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