La violenza che non è possibile raccontare
Come è possibile raccontare la morte, quando chi la mette in scena è una innocente, un'adolescente presa per il bavero dalla maleducazione, dalla violenza di qualche miserabile castrato mentale. Una giovane “decide” di uccidersi per l'incuria delle leggi e delle persone malate dentro il cuore, obbligata alla vergogna e costretta alla paura di esistere, inebetita dai tanti e troppi storpi emozionali. Un'altra adolescente poco più che bambina, violentata per anni, in silenzio per la vergogna, per la paura imposta da un’omertà dilagante. Nel frattempo questi grandi uomini, protagonisti assoluti di infamie inenarrabili, divenuti dis-umanità dannatamente andata a male, ebbene che fanno? Camminano con le gambe larghe e le mani in tasca, come a voler significare che tanto ogni cosa permane al suo posto, soprattutto l'indifferenza e la ferocia indicibile profusa dai soliti noti sibilanti nei social network. Invece proprio un bel niente è più al suo posto, neppure rapprese