Gli scarponi chiodati delle ideologie (L'ideologia danno dell'umanità)
Stavo ripensando ad alcuni accadimenti che si sono verificati in giro per questa italietta, "relazioni e passioni" sottoscritte con parole pesanti, un po’ di spintoni e qualche schiaffo, dalle periferie claudicanti alle aule custodi del diritto di ognuno e di ciascuno.
Una sorta di violenza che frantuma le idee, la comprensione per una linea di demarcazione che tutela il genere umano, lo spazio interiore per non rimanere imbrogliati nelle ingiustizie mascherate di equilibrismi dialettici e azioni prive di identità.
Violenza che non fa servizio, una reazione di comodo vestita di furbizia con il passamontagna calato fin giù alla gola, contro chiunque la pensa altrimenti, è una piccola guerra annunciata, per ora circoscritta e scomposta, a cui però bisogna non darla vinta in nome del diritto di ognuno a manifestare il proprio dissenso e spesso malessere. Quando accade qualcosa di profondamente sbagliato per una intera società, nel tentare di dare in fretta soluzioni, si corre il rischio di perdere contatto con la realtà circostante, dove si nasconde il baro dalle carte truccate, cultore delle parole avvolte al filo spinato, dove il con-tatto relazionale è sostituito dal peggiore presente, ma soprattutto dal futuro derubricato, se non rapinato. Qual è la domanda che interviene quando accade una violenza dis-organizzata a puntino, somiglia più a una lacerazione inferta chirurgicamente, una ferita che scava dentro una società composta di persone, uomini, donne e bambini che non hanno voglia di vestire i panni sdruciti della storia che non avverrà oggi, ma accadrà certamente domani. Violenza che non sottrae sofferenza, invasiva e pervasiva nella sua spietatezza, giocata in una sola mossa che logora, annienta le intuizioni, occupa il posto lasciato sguarnito, nei contorcimenti, nelle torsioni, nelle sviste che ci sono state, che ancora si protraggono. Non è disattenzione o innocua furbata, la violenza è sistema sconclusionato, ma ben mimetizzato per generare lo scopo alla bisogna, ai più apparirà un binario sgangherato, invece acquisisce potenza comunicazionale, trasferisce sul terreno della vittima designata lo scardinamento delle libertà e della Costituzione. Il tradimento sta nel dialogo che spesso deraglia, inebetito di promesse e bugie raccontate male, privando del rispetto dovuto le differenze che invece non dovrebbero afferrare mai coltelli nè bastoni. Forse è qualcosa d’altro a spingere alle spalle, a indurre all’impatto frontale, si tratta della negazione di un presente concreto, dove la politica che è salvavita, se non fa bene il suo mestiere, sforna vittime predestinate, dettami infarciti di assoluti destinati a dissolversi alla prima difficoltà. Alla violenza, da qualunque parte provenga, è necessario frapporsi e dire no, affinché questa pratica basata sull’abbrutimento non risulti il propulsore di quella insonnia ipnotica ( politica ) : l’indifferenza, con cui è possibile tirarsi indietro dalle responsabilità, dagli impegni di tutti i giorni, dalle fatiche, ma così facendo non avremo consapevolezza dei mostri che abbiamo creato all’intorno, e come sempre con una scrollata di spalle ne rifiuteremo la pericolosa eredità.
Una sorta di violenza che frantuma le idee, la comprensione per una linea di demarcazione che tutela il genere umano, lo spazio interiore per non rimanere imbrogliati nelle ingiustizie mascherate di equilibrismi dialettici e azioni prive di identità.
Violenza che non fa servizio, una reazione di comodo vestita di furbizia con il passamontagna calato fin giù alla gola, contro chiunque la pensa altrimenti, è una piccola guerra annunciata, per ora circoscritta e scomposta, a cui però bisogna non darla vinta in nome del diritto di ognuno a manifestare il proprio dissenso e spesso malessere. Quando accade qualcosa di profondamente sbagliato per una intera società, nel tentare di dare in fretta soluzioni, si corre il rischio di perdere contatto con la realtà circostante, dove si nasconde il baro dalle carte truccate, cultore delle parole avvolte al filo spinato, dove il con-tatto relazionale è sostituito dal peggiore presente, ma soprattutto dal futuro derubricato, se non rapinato. Qual è la domanda che interviene quando accade una violenza dis-organizzata a puntino, somiglia più a una lacerazione inferta chirurgicamente, una ferita che scava dentro una società composta di persone, uomini, donne e bambini che non hanno voglia di vestire i panni sdruciti della storia che non avverrà oggi, ma accadrà certamente domani. Violenza che non sottrae sofferenza, invasiva e pervasiva nella sua spietatezza, giocata in una sola mossa che logora, annienta le intuizioni, occupa il posto lasciato sguarnito, nei contorcimenti, nelle torsioni, nelle sviste che ci sono state, che ancora si protraggono. Non è disattenzione o innocua furbata, la violenza è sistema sconclusionato, ma ben mimetizzato per generare lo scopo alla bisogna, ai più apparirà un binario sgangherato, invece acquisisce potenza comunicazionale, trasferisce sul terreno della vittima designata lo scardinamento delle libertà e della Costituzione. Il tradimento sta nel dialogo che spesso deraglia, inebetito di promesse e bugie raccontate male, privando del rispetto dovuto le differenze che invece non dovrebbero afferrare mai coltelli nè bastoni. Forse è qualcosa d’altro a spingere alle spalle, a indurre all’impatto frontale, si tratta della negazione di un presente concreto, dove la politica che è salvavita, se non fa bene il suo mestiere, sforna vittime predestinate, dettami infarciti di assoluti destinati a dissolversi alla prima difficoltà. Alla violenza, da qualunque parte provenga, è necessario frapporsi e dire no, affinché questa pratica basata sull’abbrutimento non risulti il propulsore di quella insonnia ipnotica ( politica ) : l’indifferenza, con cui è possibile tirarsi indietro dalle responsabilità, dagli impegni di tutti i giorni, dalle fatiche, ma così facendo non avremo consapevolezza dei mostri che abbiamo creato all’intorno, e come sempre con una scrollata di spalle ne rifiuteremo la pericolosa eredità.
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