Gaza e gli scarponi chiodati
Ritorno sgangherato alle armi, ai proiettili che sbattono
a terra, alle parole che fanno male, scavano crateri, delimitano le fosse.
Forse ci vuole più memoria, non tralasciando chi è troppo
giovane per ricordare, per sapere, per conoscere, per farci i conti con una
ingiustizia che non risparmia gli innocenti, peggio, li relega tra gli ”eventi
critici” accettabili.
Occorre parlarne perché non si tratta di un tempo
bloccato, di tragedie che stanno dietro le spalle: sono immagini impolverate
che non scompaiono, costringono a pensare per
non rimanere nuovamente alla finestra a osservare la vita che se ne va,
senza un’emozione che diventa compassione, o la consapevolezza di una
partecipazione che non consente rese anticipate alla prepotenza di turno.
Colpi e deflagrazioni misteriose, bombe intelligenti
assai deficienti, unica certezza il sangue sparso all’intorno, condanna delle
condanne, l’indifferenza sullo scranno più alto se ne sta seduta scomposta.
Quando a terra, da ambo le parti, ci sono i corpi feriti
e dilaniati di donne, vecchi e bambini, ciò sta a significare una violenza ottusa e conclusa, è difficile
cogliere ciò che non sta al suo posto, quanto è andato fuori tempo e spazio, perché
è un male profondo, terribile, attanaglia
le viscere, imprigionando il cuore con i legacci del male che producono altro
male per tentare inutilmente di vincerne la resistenza.
Senza bisogno di essere professionisti delle condotte
guerrafondaie, appare evidente lo sfacelo intellettuale e politico che
attraversa la giustizia dell’ingiustizia, uno sgretolamento vero e proprio
delle coscienze, come se non ci fosse più rispetto per la vita, non più intesa
come qualcosa di eccezionale, coinvolgente, entusiasmante, s’è deformata al
punto da annegare nella propria asfissia istituzionale.
A Gaza, in Israele, come in Siria, in Libia, le bombe, i
cingolati dell’odio e la vendetta, hanno vessilli sgargianti a difesa, a
protezione, manifesti e slogan di potenza altisonante, negli spari alle spalle
degli innocenti, passi affrettati che
squarciano i diritti e le libertà di
ciascuno.
In questa logica del sangue e della sua imperdonabile
vergogna, non può esserci spazio per le semplici opinioni comuni, si corre il
rischio di essere tacciati di scombussolata partigianeria, di influenze
naziste, dentro attendibilità prive di responsabilità.
Le storie di quei corpi disarticolati, infranti più del
dolore che ne deriva, confermano un adattamento mondiale al ricorso delle
armi, alle fosse comuni, come quelle a
cielo aperto, una prassi consolidata
degli interessi statuali a discapito dei diritti, una sopravvivenza che induce
a non sapere più conformarsi alla scuola del rispetto, che nasce dall’esempio
più autorevole:“ vi sono cattivi esploratori i quali ritengono che non vi sia
più terra quando intorno non riescono a
vedere che il mare “.
Commenti
Posta un commento