La cretinetti e la platea plaudente
Il video della cretinetti che
picchia una coetanea con calci e pugni alla faccia e alla testa, imperversa sul
social-network, una ubriacatura di violenza gratuita, in bella mostra, alla
mercè di emulazioni e fascinazioni, manuale per pavidi e sconfitti della vita.
La cretinetti travestita da combattente, porta colpi
sotto la cintura, usa le mani e i piedi come fosse una praticante di MMA, dove
possono accedere contendenti di qualsiasi disciplina, invece non pratica proprio
un bel niente, perché disconosce la correttezza, la lealtà, soprattutto il
rispetto che un atleta vero nutre per il
suo avversario.
Una cretinetti come tante altre, circondata da altri
ebeti che fanno platea plaudente, che fanno stadio, che fanno gabbia, che fanno
recinto dove tutto può e deve esser condiviso.
Una platea di stacanovisti della noia che paralizza
i neuroni, della adrenalina agognata invano, del vicolo cieco da perforare con
urgenza, un miscuglio di disagi e compromissioni familiari, scolastiche, una
adultità perennemente votata all’assenteismo.
Platea vociante di bestemmie e invocazioni a fare
più male, a essere più cattivi, a colpire subito senza attendere oltre, giovani
a perdere un briciolo di pietà per chi urla disperata: AIUTATEMI VI PREGO.
La vittima cade ripetutamente sotto i colpi
intenzionali, persistenti, asimmetrici,
è nauseante lo squilibrio, la disparità, tra chi colpisce e chi incassa,
il branco ride, schiamazza, incita con ferocia, vuole il divertimento, esige il
sangue, il dolore, la sofferenza della
sfigata, agnello sacrificale del proprio
delirio di onnipotenza.
Senza quella platea di vili imberbi, non potrebbe
esistere né proliferare la cretinetti, il bullo di turno.
Credetemi so quello che dico, cos’è la violenza, che
rumore fanno le nocche infrante sui denti, so perfettamente che razza di
individuo è l’iracondo, il prepotente, il prevaricatore, sono stato bullo, sono
stato il mio peggior nemico, la persona peggiore che ho incontrato nella mia
vita, proprio perché ne conosco ogni anfratto, nel vedere quel video, quella
cretinetti, quel popolo di stolti plaudenti, ho sentito male alla testa, male
alla pancia, male alle mani, male alle gambe, ho sentito male al cuore, un male
lacerante per quella ragazzina impaurita, sola in mezzo a tanta gente, a cui si
è cercato nel modo più miserabile di rapinarle la dignità.
Quel video non è solamente la denuncia sconvolgente
di una società bullistica, ma anche la rappresentazione di una solitudine
armata nei riguardi della vittima, la giustizia sarà un sollievo passeggero, in
fin dei conti come mi ha risposto
qualcuno: “ora non facciamola troppo esagerata, queste cose sono sempre
accadute”.
Sarà senz’altro così, ma una volta se non incorro in
amnesie, lo scontro era con il mondo adulto, una volta non si diventava degli
imperatori, e quando ciò accadeva eri già autoescluso, non c’era bisogno di
buttarti fuori da quell’ istituto, accadeva in automatico, dovevi trovartene
un’altro.
Oggi la competizione è con il gruppo dei pari, con
quelli più fragili, oggi non si diventa soltanto bulli o famosi per forza, ma
addirittura pezzi pregiati di edilizia scolastica, non si viene allontanati,
perché errato criminalizzare, parlarne troppo, è più consono recuperare,
riproporre un progetto e un percorso.
Ma la sanzione per accadimenti di questa portata
dove sta di casa?
Forse è vero, una volta ogni colpo sotto la cintura
rimaneva dentro la classe, perché la forma bullistica ai miei tempi denominata
nonnismo, era prontamente addomesticata
dall’autorità del docente, degli adulti, dei responsabili della condizione
psico-educativa dell’ adolescente.
Oggi i nativi digitali sono accompagnati per
l’intera giornata dal loro smartphone, dalle messaggistiche istantanee, dai
social, con un semplice movimento sanno che possono sconquassare un paese, una
città, un mondo, devastare una vita, mandare in frantumi il futuro di una
persona, oppure diventare per una frazione di tempo ciò che non si è, in quanto
il bicipite è potere, il denaro è potere, la forza e la furbizia sono il
grimaldello del potere.
La cretinetti e quei bulli nascosti dietro la
funzione video-fotografica, ci dicono che non c’è soltanto una indifferenza che
non fa prigionieri, spesso nessuno vede, ci voltiamo da un’altra parte, non soltanto
per paura, omertà, menefreghismo, ma perché non siamo disposti, quindi non ci
disponiamo a essere e fare maturità educativa, eludendo il dovere di imparare a
conoscere per quello che è il mondo della cretinetti, dei bulli, della stessa
vittima, cioè l’universo delle nuove tecnologie che non formano al carico
obbligante delle responsabilità.
A quella ragazza ribadisco di non sentirsi mai sola,
alla cretinetti di trovare dignità sufficiente per chiederle perdono.
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