Bullying e cyberbullying
Bulli
e pupe da qualche tempo sono scomparsi dalle cronache, dalle romanze più o meno
virtuali, hanno abbandonato il proscenio della carta stampata, della scatola
magica, delle aule scolastiche, come se a non parlarne, a non volerne sentire
sulla pelle l’urto e il fastidio, fosse strada consolidata per il risolvimento
del problema e delle tragedie che ne conseguono.
Purtroppo
non è così, e non sarà mai il silenzio a fare da scarto per una ritrovata
coscienza, per una significativa presa di posizione a favore di uno stile di
vita equilibrato, non più fondato sulla prevaricazione intenzionale, sulla
sottomissione persistente, sulla violenza più asimetrica, dove il più debole è
obbligato a mollare gli ormeggi nella maniera più drammatica, nella
condizione-oppressione disperante della paura che diviene vergogna.
Una,
due, tre adolescenti hanno deciso di rompere con la vita, gli argini della
stupefazione si sono sciolti, ora c’è urgenza di trovare nuove soluzioni, altre
vie di fuga al dolore.
Bisogna
stare molto attenti a quello che si
dice, ma pure a quello che non si dice, che non è dato sapere perché le
responsabilità non sono mai definite o colpevolmente riconducibili a una sorta
di chiacchiericcio da bar sport.
Rimangono
a destare le coscienze i giovani rimasti a terra, le posture scomposte, il
disfacimento dei volti, ai quali è stato rapinato tutto, perfino i sogni,
quelli che in vita dovevano fare la differenza.
Ma
etichettare quanti rimangono contusi, segnati, costruire nuovi piedistalli di
cartone, nuovi imperatori, sottende il rischio di incappare in altre tragedie
simili, favorendo fascinazioni ed emulazioni da film dell’orrore.
Quando
un/a giovane non ha più capacità di vivere, quella sofferenza che assale è un angolo senza alcuna
luce rossa di emergenza? Diventa morte
che abbatte la vita senza possibilità di ascolto di un lamento, di una
preghiera, di una richiesta di aiuto?
Forse
è così, perché i silenzi dell’anima tormentata non fanno rumore, relegano
all’angolo più buio, dove le parole, i gesti, gli slanci ammutoliscono, con i
polsi legati dalla disattenzione e dall’indifferenza, senza consapevolezza di
quanto sia difficile essere adulti, rispettosi degli altri, soprattutto dei più
giovani, delle difficoltà che nascono da una ingiustizia protratta e
interpretata con superficialità, in fin dei conti sono ragazzate che accadono
dalla notte dei tempi.
Bullying
e Cyberbullying, ieri non c’erano le evoluzioni tecniche di questo presente,
non c’erano le messaggistiche istantanee, la rete, non c’erano i modi veloci quanto uno sparo per rendere
invivibile un’esistenza, per rimanere soffocati dal vomito provocato da poche
sillabe su un account.
Oggi
siamo nello stesso identico tempo del ferro e del fuoco, ma con le parole lanciate come fossero cluster bomb,
aggettivi e sostantivi a grappolo, a scendere e risalire, senza dover chiedere
conto o pagare niente a nessuno, menzogne assemblate senza pudore, fino a farle
divenire verità imposte, una condanna senza possibilità di appello.
Sembrerà
banale fin’anche patetico ma queste assenze inconfessabili al punto da stare
attenti a parlarne, hanno un comune denominatore: la maleducazione,
l’ineducazione, l’inculturazione dettata dall’età, dai finti eroi, dagli
esempi-riferimenti in circolazione che fanno vittime a ogni promessa svenduta e
mai mantenuta, con gli occhi rivolti al domani raccontato banalmente come se
non fosse nulla di eccezionale.
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